Cenni Storici

Per capire la preziosità per Bergamo delle Pie Istituzioni don Carlo Botta e la loro importanza sociale, è innanzitutto necessario risalire alle loro origini e penetrare nello spirito del fondatore, don Carlo Botta, spirito di grande amore e dedizione verso Dio e il prossimo, incurante della fatica e di qualsiasi difficoltà, nell’abbandono totale e fiducioso nella Divina Provvidenza.

Don Carlo Botta nacque a Bergamo il 18 agosto 1770 da una famiglia umile. La madre era donna pia e ritirata, e fu segnatamente Lei a infondere nel figlio lo spirito caritate­vole a favore dei più poveri e bisognosi. Ordinato sacerdote nel 1795, ben presto cominciò a dedicarsi ai più giovani, dapprima allestendo in casa propria dei ritiri spirituali, poi in locali messi a disposizione dalla Parrocchia.

La città di Bergamo subì in quegli anni scorribande ad opera di soldati francesi, cosacchi e austriaci e il Botta dedicò tutto se stesso a curare feriti e diseredati, facendosi accompagnare anche da alcuni dei suoi giovani. Istituì in seguito un Oratorio giovanile. Dopo la caduta di Napoleo­ne la Bergamasca fu colpita da una grave carestia, al pari di altre regioni: don Carlo Botta si dedicò infaticabilmente alle cure dei più poveri, soprattutto fanciulli rimasti orfani, provvedendo a tutto e cercando di mettere a disposizione dei locali nel quartiere di S. Alessandro. Fu questo il primo passo che, con tempo, condusse alla costruzione di Istituti in città e in provincia per l’accoglienza di fanciulli e giovani per la loro preparazione agli studi, al lavoro e alla vita. Fondò anche l’Istituto Santa Chiara, con un asilo infantile, l’educandato femminile e il pensionato per le signore an­ziane, divenuto ai tempi nostri la Residenza Santa Chiara, moderna residenza sanitaria assistenziale convenzionata con la Regione Lombardia.

Al termine della sua intensa vita, Don Carlo Botta poté coronare il grande sogno del suo apostolato, quello di operare infaticabilmente per i piccoli, i poveri e i più bisognosi, confidando nell’aiuto certo della Divina Provvi­denza, a cui tornò il 20 dicembre 1849.

Il 10 marzo 1913, il giorno dopo la traslazione dei resti mortali di don Bot­ta, dal cimitero di san Giorgio alla chiesa di San Carlo, in via S. Alessandro, per la sepoltura privilegiata, il vescovo di Bergamo Radini Tedeschi così parlò delle opere avviate e sostenute da questo prete bergamasco, con un apostolato “umile e grande, contrariato e benedetto che gli costò sudori e lacrime, sacrifici senza posa e senza misura”: Testimoni sicuri della sua vita santa stanno le opere fondate e riordinate dal Botta.

È una vera litania di istituzioni: l’opera degli esercizi spirituali, l’oratorio dell’Annunziata; le scuole gratuite, le scuole serali, la Compagnia di San Luigi; vari altri oratori maschili e femminili, l’orfanatrofio di San Martino, da lui riordinato; il monastero di San Benedetto, per opera di lui, riaperto; il primo asilo d’infanzia maschile e femminile in diocesi e si può dire in Italia, aperto con savio e pratico criterio; le confraternite, le congregazioni pie, l’aiuto a chierici, tante opere di carità che è prodigio possa egli solo avere compiuto; e soprattutto le sue opere massime: quella di San Carlo per la gioventù abbandonata e per le scuole d’arti e mestieri; quella di S. Chiara per donne e fanciulle abbandonate e quella di S. Antonino, ove fu prima l’oratorio e poi per il ritiro di sacerdoti vecchi ed infermi.